L’ex ragazza di Non è la Rai è sensibile al tema della bulimia, di cui ha sofferto durante l’adolescenza. Il suo racconto fa riflettere
La bulimia è un disturbo dell’alimentazione che attanaglia molte donne, soprattutto ragazze giovani. Ambra non ha esitato a raccontare la sua esperienza in un libro InFame, riportando dettagli importanti, che fanno emergere l’importanza della famiglia e delle persone care, per uscirne.
Gli anni Novanta tra tante cose hanno regalato ai ragazzi italiani “Non è la Rai“, vero e proprio cult dell’epoca. Ideato da Gianni Boncompagni, metteva al centro tantissime teenager nei panni di showgirl spensierate e scatenate con balletti, canti (in playback) e giochi a premi. Erano delle vere e proprie icone e l’attrice e giudice di X Factor ne era la protagonista. Ebbe un successo così forte che a tratti la rese anche molto fragile.
Il racconto di Ambra Angiolini: post-it ad altezza vomito
Ambra Angiolini in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera ha raccontato i suoi esordi, i grandi traguardi nel cinema, i progetti per il futuro e i giorni bui della sua bulimia. Bulimia e anoressia erano quasi un tabù nel secolo scorso, più di quanto non lo sia adesso.
L’ex ragazza di Non è la Rai ha avuto, come lo chiama lei, questo tumore dell’anima, sopraggiunto quando era molto giovane. Racconta di essere rimasta colpita da un film in cui una ragazza ad una festa, a causa di una crisi di panico cominciò a mangiare qualsiasi cosa dal buffet, per poi correre in bagno a vomitare. “Quella scena mi è entrata in testa e quando ho cominciato a non stare bene l’ho copiata” ha rivelato.
La showgirl spiega che uscire da questo tunnel ha procedimenti diversi per ognuno, si tratta di processi personali, non c’è un cura uguale per tutti. “La famiglie sono tutte disperate: vogliono rendersi utili ma non sanno come” aggiunge Ambra, svelando quello che la sua famiglia ha fatto per lei, in particolare sua madre: “Mia madre mi lasciava i bigliettini Post-it ad altezza vomito. O delle canzoni. Lì per lì mi facevano sentire in colpa, poi è stato importante sentire che non c’era giudizio, che per lei io non ero la mia malattia. Ho cominciato a pensare che la bulimia fosse qualcosa da cui potevo allontanarmi.”
Oggi Ambra che ha una figlia poco più che adolescente è impegnata su questi temi e si reca spesso nei centri specializzati dove consiglia alle vittime della bulimia di non arrendersi di lottare, che una via di uscita c’è e che la malattia va “sfilata di dosso”, va tenuta accanto per un po’, finché non la si lascerà andare.